La polemica del rainbow washing

Giugno è il Pride Month, ovvero il mese dedicato alla celebrazione della comunità LGBTQIA+.

Le aziende, quindi, sfruttano l’occasione per attuare iniziative volte a manifestare inclusioneMa non solo, in quanto all’occorrenza, molte aziende cambiano anche il proprio logo, aggiungendo i colori dell’arcobaleno (simbolo della causa LGBTQIA+).

Queste iniziative, però, non sempre hanno generato pareri positivi.

Il rainbow washing

Molte persone ritengono che, in occasione del Pride Month, molte aziende attuino il rainbow washing, ovvero quella strategia volta ad accostare un brand al manifesto LGBTQIA+ unicamente a scopi di marketing e senza mostrare un vero impegno per i diritti della comunità.

Sebbene moltissimi brand siano genuinamente interessati al sostegno dei diritti LGBTQIA+, altri brand vengono accusati di sfruttare l’occasione per incrementare i loro profitti ed intercettare un numero ancora più ampio di consumatori.

Ad esempio, in occasione del mese del Pride, PepsiCo ha cambiato il logo dei suoi prodotti con colori arcobaleno per mostrare il suo sostegno alla comunità LGBTQIA+. Tuttavia, l’azienda è stata duramente criticata per l’assenza di un impegno concreto nella lotta a questi diritti e per non aver donato una parte significativa dei profitti ricavati dalla vendita dei prodotti a tema Pride, a cause LGBTQIA+.

Anche Nike rilasciò collezioni di scarpe e di abbigliamento a tema Pride, ma fu accusata di focalizzarsi sul profitto, piuttosto che su un impegno a lungo termine verso la comunità LGBTQIA+.

Il queer baiting di Netflix

La polemica del rainbow washing non ha coinvolto unicamente i brand d’abbigliamento o del mondo food, ma ha riguardato anche il mondo dell’intrattenimento televisivo, con la polemica del queer baiting. Il queer baiting è una strategia utilizzata principalmente nei media e nell’intrattenimento, allo scopo di “suggerire” una relazione o un personaggio LGBTQ+ senza mai concretizzare tali allusioni. 

Il colosso dello streaming Netflix è stato accusato più volte di queer baiting, a causa di alcune dinamiche nelle sue produzioni televisive di maggior successo.

Nella serie tv, Wednesday, la protagonista Wednesday Addams ha un forte legame con la compagna di stanza, Enid Sinclair. Seppur i fan avessero percepito una forte chimica romantica tra di loro, la loro relazione non si è mai concretizzata in un vero e proprio fidanzamento, mantenendo la dinamica su un livello ambiguo. 

polemica rainbow washing

Netflix ha alimentato quest’ambiguità attraverso il marketing. Ad esempio, ai fini promozionali della serie, ha utilizzato frasi del tipo “la storia di opposti che si attraggono di cui avevamo bisogno”.

Tutto ciò ha contribuito ad attrarre il pubblico LGBTQ+ senza offrire una reale rappresentazione della comunità. Questo ha portato ad una polemica tra i fan che hanno visto questa come una strategia di marketing, piuttosto che una genuina inclusività.

Un altro esempio eclatante di queer baiting è quello che riguarda la serie, ormai cult, “Stranger Things“, uno dei titoli di punta del catalogo Netflix.

Uno dei protagonisti della serie, Will Byers, è rappresentato da una narrazione poco chiara, che include sottili indizi sull’orientamento sessuale di Will, che non si sono mai esplicitati in un definitivo coming out. Ciò ha portato delusione tra i fan della serie per via della caratterizzazione opaca del personaggio. 

Nonostante questi indizi, non c’è stato un definitivo coming out o un riconoscimento esplicito della sessualità di Will, portando i fan della serie a rimanere delusi dalla caratterizzazione opaca del suo personaggio.

La polemica di "The Closer"

Un’altra polemica imperversò nella comunità LGBTQIA+ per via dello spettacolo comico dal titolo “The Closer” di Dave Chappelle. 

Durante lo spettacolo, Dave Chappelle intrattenne il pubblico con una serie di battute che molti ritennero offensive nei confronti della comunità transgender.

Questo spettacolo sollevò molte critiche dalla comunità LGBTQIA+, che sottolineò quanto le parole di Chappelle avessero un impatto importante sulla salute mentale delle persone transgender, che già quotidianamente affronta alti tassi di discriminazione, violenza e suicidio.

Nonostante queste polemiche, però, Netflix trasmesse ugualmente lo speciale, generando rabbia anche tra i dipendenti dell’azienda, che chiesero maggior rispetto e responsabilità nei confronti della diversità.

Qual è il miglior supporto alla comunità LGBTQIA+

Tirando le somme da tutto ciò che abbiamo letto inerente alla polemica del rainbow washing, abbiamo visto quanto le iniziative dedicate al mese del Pride, nella maggioranza dei casi, non siano viste di buon occhio dalla comunità LGBTQIA+.

Ciò che le aziende possono fare concretamente è sostenere la comunità tutto l’anno, donando magari anche l’intero o parte del ricavato ottenuto dalla vendita della merce, a tema Pride, ad associazioni no profit che lottano a sostegno dei diritti LGBTQIA+. 

Oltre a ciò, le aziende dovrebbero assumere personale senza attuare discriminazioni di genere, orientamento o identità sessuale. E inoltre, la produzione delle aziende dovrebbe avvenire unicamente nei paesi dove la comunità LGBTQIA+ viene riconosciuta e tutelata. 

Partecipando al mese del Pride e adottarne i colori simbolo, quindi, non basta

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